Ma tu guarda un po'! È stata questa la mia spontanea riflessione durante la lettura della bella biografia di Paolo VI scritta da Andrea Tornielli. Ma tu guarda un po'!
Non c'è pagina, non c'è periodo durante la lettura dei quali io non abbia avuto la netta impressione che ogni cosa nella vita di Montini, ogni atto ogni pensiero ogni posizione espressa oppure temporaneamente taciuta, non sia stato altro che l'aggiunta progressiva e decisa di un nuovo tassello nella costruzione del suo destino. Diventare papa, prima o poi.
Qualcuno ci aveva già pensato nei giorni immediatamente precedenti il conclave dell'ottobre 1958 (quello dal quale il patriarca di Venezia, Angelo Giuseppe Roncalli, uscirà con il nome di Giovanni XXIII). Ma Montini a quel tempo non era ancora cardinale. Sicché.
Vabbè, non è peccato indirizzare la propria vita verso un obiettivo certo, mi sono detto. E poi di sicuro la mia impressione è stata, era ed è fallace. Dopotutto lo spirito soffia dove vuole, è scritto. Quindi di Montini si deve apprezzare la tenacia e la chiarezza di intento. Anche perché a me sembra che, tutto considerato, sia stato un papa notevole. Tornielli lo suggerisce con chiarezza: lo stesso papa Wojtyla, tanto (troppo?) osannato, in effetti per molte cose non ha fatto altro che "suonare uno spartito scritto da Paolo VI".
Ma non è mia intenzione ora parlare di storie di papi e di pontificati. Anche se, per qualche aspetto che riguarda il mio prossimo romanzo, mi ci devo tuffare dentro e pescare a piene mani.
La motivazione di questo post è però un'altra, e riguarda la scoperta di un genere al quale ho sempre dedicato un'attenzione scarsa o nulla. E non chiedetemi perché: non ho risposte intelligenti da darvi. Diciamo che forse mi è sempre apparsa cosa inutile e noiosa leggere le vite degli altri.
Ma nella vita ogni tanto capita di fare delle scoperte interessanti. A me, negli ultimi mesi, capita davvero spesso. Sono ovviamente contento di questo, anche se di tanto in tanto mi viene il dubbio che forse scoprire tante cose nuove vuol dire che prima ne conoscevo troppo poche. Scopro e scopro e così confermo la mia grossa e grassa ignoranza.
E poiché è sempre comodo e anche semplice incolpare gli altri delle nostre deviazioni da quanto è già tracciato, io proteggo il mio amor proprio incolpando questa volta Bernard Malamud. È solo l'ultimo in ordine di tempo, perché a tal proposito potrei costruire una catena interminabile.
Esempio. Sono stato indifferente alla fantascienza fino a quando ho letto Memorie di un sognatore abusivo di Paolo Pasi. Grande colpa la sua. Perché poi mi sono fiondato inevitabilmente su Philip K. Dick e sulla sua pressoché opera omnia. Scusate la banalità, ma un universo mi si è aperto davanti. Anzi, una pluralità di universi. Se non ci fosse stato il libro di Pasi, tra l'altro molto bello e inquietante, forse non avrei mai sentito il trasporto per un genere sempre eluso. E di sicuro non avrei mai letto la Trilogia di Valis, Tempo fuor di sesto, La città sostituita eccetera eccetera. E neppure Ma gli androidi sognano pecore elettriche? da cui Ridley Scott ha in qualche modo immaginato il suo capolavoro.
Essì essì che avevo visto molti dei film tratti dai romanzi di Dick e che Blade Runner è uno dei miei film adorati.
Ma se non ci fosse stato il libro di Paolo Pasi, nisba. Niente fantascienza e niente Dick.
E allora che cosa c'entra Paolo VI? Ma niente, cosa volete che c'entri. È solo che, in ordine di tempo, è l'ultima biografia che ho letto. Finita appena l'altra settimana. E io invece volevo raccontarvi che questo è il periodo in cui sono letteralmente immerso nelle letture di biografie. Marcel Proust, Thomas Mann, il Michelangelo e il Van Gogh di Irving Stone, una vita di Hemingway, un'altra di Simenon, una biografia di Kant e così via, ché in questo momento ne ho perso il conto e tutto quanto il resto.
Ed eccoci infine al nocciolo del discorso, e al mio indice accusatorio puntato.
Di Bernard Malamud avevo letto qualche tempo fa Gli inquilini, e mi era piaciuto molto. Se non ricordo male avevo anche scritto qualcosa su aNobii, il famoso social network dei lettori. E poiché quando incrocio uno scrittore bravo devo leggere tutto o quasi tutto di quello che ha scritto, ecco che mi capita tra le mani Le vite di Dubin.
Ah, questo William Dubin. Biografo di mezza età - c'è scritto sulla quarta di copertina - che vive una vita tranquilla insieme alla moglie studiando e raccontando le vite altrui nel tentativo, forse, di capire meglio la propria.
E vediamo un po', mi dico io, come si fa a capire la propria vita raccontando quella degli altri.
Non l'avessi mai fatto. Che ora salto da una vita all'altra sottolineando, appuntando, immaginando, paragonando. Ah, questo Dubin che mi viene a dire di aver scoperto che le vite altrui sono inesauribili; che tra vita e libri c'è un rapporto vitale troppo spesso insospettabile; che i frammenti della sua povera esistenza si sarebbero potuti concatenare in unità e che adesso sì che sente, dopo essere diventato biografo, di avere approfondito e ampliato la propria vita.
Io non diventerò mai un biografo. Ma intanto sono irretito nelle mille vite altrui che ogni giorno sbarcano nella mia personale biblioteca. Potevo fare altro. Sfogliare la mia collezione di Zagor, per esempio. O andarmene in giro per Trastevere. Oppure prendere il primo aereo per Torino.
E invece no. Me ne rimango a girovagare tra le strade di Königsberg o faccio due passi nei giardini vaticani. Oppure mi rintano nella penombra della mia stanza, tra carte inchiostro penne effluvi antiasmatici, in attesa che la cara Céleste mi porti il suo buon caffè.
Mi dispiace, caro Bernard, e non avrei mai voluto dirtelo. Ma è tutta colpa tua.
Ma nella vita ogni tanto capita di fare delle scoperte interessanti. A me, negli ultimi mesi, capita davvero spesso. Sono ovviamente contento di questo, anche se di tanto in tanto mi viene il dubbio che forse scoprire tante cose nuove vuol dire che prima ne conoscevo troppo poche. Scopro e scopro e così confermo la mia grossa e grassa ignoranza.
Bernard Malamud. Photograph: David Lees/Corbis |
Esempio. Sono stato indifferente alla fantascienza fino a quando ho letto Memorie di un sognatore abusivo di Paolo Pasi. Grande colpa la sua. Perché poi mi sono fiondato inevitabilmente su Philip K. Dick e sulla sua pressoché opera omnia. Scusate la banalità, ma un universo mi si è aperto davanti. Anzi, una pluralità di universi. Se non ci fosse stato il libro di Pasi, tra l'altro molto bello e inquietante, forse non avrei mai sentito il trasporto per un genere sempre eluso. E di sicuro non avrei mai letto la Trilogia di Valis, Tempo fuor di sesto, La città sostituita eccetera eccetera. E neppure Ma gli androidi sognano pecore elettriche? da cui Ridley Scott ha in qualche modo immaginato il suo capolavoro.
Essì essì che avevo visto molti dei film tratti dai romanzi di Dick e che Blade Runner è uno dei miei film adorati.
E allora che cosa c'entra Paolo VI? Ma niente, cosa volete che c'entri. È solo che, in ordine di tempo, è l'ultima biografia che ho letto. Finita appena l'altra settimana. E io invece volevo raccontarvi che questo è il periodo in cui sono letteralmente immerso nelle letture di biografie. Marcel Proust, Thomas Mann, il Michelangelo e il Van Gogh di Irving Stone, una vita di Hemingway, un'altra di Simenon, una biografia di Kant e così via, ché in questo momento ne ho perso il conto e tutto quanto il resto.
Ed eccoci infine al nocciolo del discorso, e al mio indice accusatorio puntato.
Di Bernard Malamud avevo letto qualche tempo fa Gli inquilini, e mi era piaciuto molto. Se non ricordo male avevo anche scritto qualcosa su aNobii, il famoso social network dei lettori. E poiché quando incrocio uno scrittore bravo devo leggere tutto o quasi tutto di quello che ha scritto, ecco che mi capita tra le mani Le vite di Dubin.
Ah, questo William Dubin. Biografo di mezza età - c'è scritto sulla quarta di copertina - che vive una vita tranquilla insieme alla moglie studiando e raccontando le vite altrui nel tentativo, forse, di capire meglio la propria.
E vediamo un po', mi dico io, come si fa a capire la propria vita raccontando quella degli altri.
Non l'avessi mai fatto. Che ora salto da una vita all'altra sottolineando, appuntando, immaginando, paragonando. Ah, questo Dubin che mi viene a dire di aver scoperto che le vite altrui sono inesauribili; che tra vita e libri c'è un rapporto vitale troppo spesso insospettabile; che i frammenti della sua povera esistenza si sarebbero potuti concatenare in unità e che adesso sì che sente, dopo essere diventato biografo, di avere approfondito e ampliato la propria vita.
Io non diventerò mai un biografo. Ma intanto sono irretito nelle mille vite altrui che ogni giorno sbarcano nella mia personale biblioteca. Potevo fare altro. Sfogliare la mia collezione di Zagor, per esempio. O andarmene in giro per Trastevere. Oppure prendere il primo aereo per Torino.
E invece no. Me ne rimango a girovagare tra le strade di Königsberg o faccio due passi nei giardini vaticani. Oppure mi rintano nella penombra della mia stanza, tra carte inchiostro penne effluvi antiasmatici, in attesa che la cara Céleste mi porti il suo buon caffè.
Mi dispiace, caro Bernard, e non avrei mai voluto dirtelo. Ma è tutta colpa tua.
Caro Attilio, ti riscrivo il commento "andando a braccio".
RispondiEliminaLe tue parole fanno emergere l'onesto piacere della lettura. Solo chi legge riesce a dare idea dell'importanza che ha il cercare negli altri il senso della propria costante e continua ricerca. Non per niente, hai scritto, hai letto non poche biografie.
Il tutto, poi, detto con estrema semplicità e partecipazione.
Grazie per le indicazioni bibliografiche.
Buona giornata
Grazie a te Massimo. Per la pazienza e per la cortesia.
RispondiEliminaUn caro saluto.