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Collaboro dal 1993 con la rivista "Segnocinema". Amo l'appennino pistoiese, l'Aglianico del Vulture, i miei amici. Tengo per il Toro, e sono un lettore pressoché onnivoro. Ho scritto due romanzi, 'Ho una storia per te' e 'L'odore della polvere da sparo', entrambi pubblicati da Edizioni Spartaco.

giovedì 20 ottobre 2011

"Lampi e tuoni che spaccano il cielo..."

da Focus.it
E che diamine! Non c'era davvero bisogno di esagerare tanto!

Da qualche giorno riflettevo sul fatto che questa lunghissima estate mi aveva destabilizzato fino al punto da non rendermi conto di essere ormai a metà ottobre. E, dunque, in pieno autunno.

Lo aspettavo, quest'autunno, per parlare un po' con voi delle mie letture estive e delle scoperte nelle quali, in tal senso, ho avuto la ventura di imbattermi. Ma non so, forse lo aspettavo troppo tiepidamente. Fatto sta che sono riuscito a farmi ingannare dalle atmosfere meteorologiche senza prestare attenzione, come avrei dovuto, alle verità del calendario.


La prima scossa mi arriva due o tre giorni fa quando, con la sua solita pazienza e con la sua amabile cortesia, il redattore capo di Segnocinema mi fa notare che sono in clamoroso (e, aggiungo io, imbarazzante) ritardo con il mio contributo per il prossimo numero. Ma come, penso tra me, se siamo ancora a metà settembre e il numero esce a novembre? Macché settembre, mio caro. Ottobre. Ottobre.

immagine dal web
E va bene, ma dopo non c'era davvero bisogno di tutto questo arsenale venuto giù stamattina. Lampi e tuoni da non credere e acqua acqua acqua a non finire. Come nella splendida Varsavia di Pierangelo Bertoli: "Lampi e tuoni che spaccano il cielo/che è più nero del velo che copre la morte". Un autentico nubifragio. E c'è chi ne ha patito le conseguenze in senso tragico. Nel senso più tragico possibile. Perché anche la morte c'è stata, in questa nera alba di Roma.

Lo ripeto a costo di sembrare pedante: non c'era proprio bisogno di tutto questo perché io mi rendessi conto che siamo ormai nel pieno dell'autunno.


E dunque ecco le novità. In breve perché sennò vado oltre il lecito nell'approfittare della vostra pazienza.
Ecco. Dopo molte estati, niente Omero: ho messo da parte l'Iliade e ho lasciato a riposo l'Odissea. Questa estate mi ha regalato le sorprese di Murakami Haruki e dei suoi Dance Dance Dance e di quel romanzo dallo strano titolo L'uccello che girava le viti del mondo. Dovrò perdere un po' di tempo, prima o poi, per parlare di questi due libri dai tratti per me fascinosi ma, che dire, voglio passare subito a Valerio Evangelisti e a Philip K. Dick. Il grande Philip K. Dick.

Veramente una bella sorpresa, Evangelisti. Complice la mia passione per la Storia e, in particolare, per la storia medievale, ho incrociato il severo (diciamo così) Eymerich. Cosa devo dire. Scrittura accattivante. Passaggi affascinanti e adesione viscerale al clima di fondo. Ma c'è stato poi Magus. Il romanzo di Nostradamus a completare l'opera, perché qui il mio amore assoluto per il romanzo d'appendice (o popolare, o di consumo, o di massa, o trivial) ha trovato pane per i suoi denti.


Basta, perché ora è troppo. Philip K. Dick. Sempre eluso. Snobbato, forse. Come tutta la letteratura di fantascienza. E sì che Blade Runner è uno dei miei film preferiti. Ma leggere fantascienza mi ha sempre annoiato. Poi capita che in un momento di relativa insania io mi butti nella Trilogia di Valis, per esempio. E allora, tra riflessioni di teologia spicciola e di filosofia che tende al serio, io mi trovi costretto ad ammettere che sì, Dick è un grande. E allora vai, La città sostituita mi prende e mi fa decidere che tutto leggerò di quest'uomo. E ne darò conto.

Di Marco Vichi e delle indagini del commissario Bordelli dirò in un altro post. Perché in questo caso c'è qualcosa che va oltre la letteratura e si insinua in quei territori insostituibili che sono quelli delle persone che incrociamo, che conosciamo e che ci troviamo a stimare. I territori dell'amicizia.

A presto. Un saluto a tutti e a ognuno.

4 commenti:

  1. Beh, davvero avevi bisogno di un nubifragio per scrivere un bel post? E ora cosa bisogna aspettare per avere una recensione di Philip K.Dick ?
    Attendo con ansia. Un saluto
    g

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  2. Ciao Grazia. Mi piace molto questo tuo commento perché:
    1)mi fa capire che anche in questo spazio la mia pigrizia è stata notata e accettata con tranquillizzante leggerezza;
    2)mi spiega che i mie sporadici sensi di colpa circa la suddetta (pigrizia, non leggerezza) vengono compresi ma non assecondati;
    3)mi suggerisce con chiarezza il possibile argomento di un prossimo post (ma prima voglio parlare del "Bordelli" di Vichi)
    4)mi invita a non aspettare troppo l'inevitabile per darmi una mossa (ma, comunque, con la giusta calma);
    5)mi obbliga a riflettere sul fatto che dopotutto non è stato il medico a prescrivermi di scrivere, ma che forse è, insieme alla lettura, l'unica attività che da sempre e per sempre mi sono autonomamente scelto.
    6)e allora?
    7)contiene quel fare e quel dire ironico che io adoro.

    Per tutto questo ti sono debitore. Un caro saluto a te.

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  3. La pioggia ispira la scrittura, ma speriamo che questi avvenimenti sempre più diffusi di disastri causati dai nubifragi trovino presto la parola fine. Ieri abbiamo contato altre vittime per il maltempo e non ne possiamo più.

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  4. Caro Attilio, Murakami Haruki l'ho sempre schivato, da quando diciottenne mi accinsi a leggere "Tokyo Blues" abbandonandolo alla pagina 30 o giù di lì; non riuscivo a capirci niente, talmente era difficile per me entrare nel mondo del personaggio e della sua storia d'amore. Nel frattempo ho dimenticato tutto: nomi, luoghi, azioni, pensieri...l'unica cosa che mi è rimasta è quella prima sensazione che ebbi quando chiusi il volume e decisi che tutto quello non faceva per me. Era una sensazione di confusione: "ma dopo 30 pagine, cosa ho veramente letto? non ricordo neanche cosa ho letto 2 righe fa". Forse lo lessi in un momento sbagliato, come mi è capitato spesso: un amico mi consiglia un libro ("assolutamente fantasticooo!") e io poi non riesco ad appassionarmi, o perchè ho la testa altrove e non mi concentro, o perchè la scrittura non riesce a convincermi, o perchè (cosa che succede ultimamente spessissimo) il protagonista mi è talmente antipatico, anche solo dopo poche pagine, che rifiuto di leggerne le gesta per altre 300. Mi accorgo, pensandoci ora, che questo accade anche con la visione di molti film. Ricordo (ancora) con rabbia, ad esempio, l'effetto che mi fece la visione di uno dei film "must see" di quell'anno, "Big Fish": il personaggio di Ewan McGregor era insopportabile ai miei occhi, la sua fortuna sfacciata un pugno in faccia alle persone sfortunate del mondo, il suo sorriso uno schiaffo al dolore della vita, le sue fantasticherie una buffonata buona per ofuscare e tacere i lati oscuri della personalità, le sue bugie, insomma, avevano qualcosa di fascista (o, aggiornando, qualcosa dell'idiozia del berlusconiano "va tutto bene"). Ora, mi rendo conto, storicizzando, che forse interiormente non me la stavo passando granchè bene, ed esageravo con l'ideologia e un po' con la retorica, ma sta di fatto che mi era bastato poco per incasellare il personaggio e "rigettarlo" senza possibilità d'appello. Forse sono troppo cattivo con l'opera d'arte-intrattenimento; forse dovrei cercare di focalizzarmi di più su altri aspetti, cogliere il bello che c'è, andare a scovarlo con la torcia, se necessario. Però non riesco a liberarmi dal giudizio morale/psicologico/politico/estetico sul personaggio, che rimane ancora la prima "cosa" che vedo e che sento. Insomma, quella cosa sull'empatia con l'eroe funziona benissimo per me. Ovviamente posso provare anche empatia verso l'antagonista e quando succede son cazzi: non riesco, ad esempio, a non provare empatia per il Conte Dracula (al di là del film di Coppola che era un' indicazione a vedere il personaggio positivamente, o per lo meno umanamente), e allora ecco che Mina, Lucy, Jonathan & co. non sono altro che peronaggiucoli (si dice così?) che non meritano l'happy ending con cui si conclude il libro...non so di preciso che colpe abbiano, ma dentro di me so che ne hanno. Comunque, il problema principale, volevo dire, si presenta quando l'autore vuole a tutti i costi rendermi empatico con il personaggio ma l'effetto che ottiene è l'esatto opposto. Scusa, mi son fatto prendere la mano. Per tornare a Murakami, dovrei dargli una seconda chance, dici? Condivido con te il vecchio pregiudizio sulla letteratura di fantascienza: purtroppo per me è un genere che non apprezzo molto, sia in libro che in film (ovviamente con le dovute, grossissime e bellissime eccezioni!): se penso a Star Wars o a Star Trek mi viene la nausea o mi scappa una risatina denigratoria; ma so che la fantascienza non è solo quello, per fortuna. E per fortuna, non è sempre accompagnata all'odiosa tipologia della “saga”...Ti lascio ora alla scrittura del tuo contributo per Segnocinema (non fare arrabbiare Calderale, mi raccomando), che non vedo l'ora di leggere sul prossimo numero. A presto! Marco

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