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Collaboro dal 1993 con la rivista "Segnocinema". Amo l'appennino pistoiese, l'Aglianico del Vulture, i miei amici. Tengo per il Toro, e sono un lettore pressoché onnivoro. Ho scritto due romanzi, 'Ho una storia per te' e 'L'odore della polvere da sparo', entrambi pubblicati da Edizioni Spartaco.

mercoledì 18 settembre 2013

Altro che i pigri di oggidì

E come la mettiamo quando capitano quei periodi nei quali le nostre giornate sono invase da libri straordinari? È il sogno di ogni lettore, lo so. E beato quel lettore a cui tocca la sorte di sperimentare questi periodi.
Beato me, dunque.

Quindi lasciamo pure stare che per lunghi mesi (quanti?) non ho scritto neanche una sillaba che è una in questo blog. Non concentriamoci neppure sul fatto che mi sono ripiegato quasi quotidianamente (proprio così, proprio così) nei miei pensieri più elevati per confermare a me stesso con lucida acribia che sì,  sono un pigro d'altri tempi.
Ma perché, mi chiederete voi, com'erano i pigri d'altri tempi?

Eh, signori miei, visto che me lo chiedete con tanta insistenza io ora ve lo dico. Quelli sì che sapevano bene come crogiolarsi nel fare niente.
Altro che i pigri di oggidì (mi si perdoni il toscanismo quasi...collodiano) che stanno sempre lì, sofferenti, a martellarsi l'anima che il tempo, il tempo è denaro e quindi e quindi ogni minuto di pausa è un peccato, una colpa, un delitto. E che se oggi mi sono concesso un pisolino sull'amaca di quel giardino, anatema a me! E se proprio voglio fare il blogger (cosa voglio fare?) - mi suggerisce decisa la vocina di uno di questi pigri d'oggi - devo bloggare e postare, bloggare e postare.

E se invece io, guarda un po', non bloggo non posto e non lascio traccia su traccia su traccia delle mie ore, dei miei minuti, dei miei secondi in questo universo della rete che non conosce attimo di sosta ebbene, perché non abbandono tutto e non me ne vado in una comune a intrecciare canestri di vimini e a salmodiare qualche benefica litania?

Magari sì. Magari ci vado veramente. Non  per sfuggire alla rete, beninteso. Perché io no. Io alla velocità della rete che chiede e impone velocità non ci penso. Nemmeno per sogno. Ci mancherebbe. Passa il tempo? E lasciamolo passare. Ma poi chissà se è vero che passa. E mentre il tempo passa (chissà se passa) io non ho prodotto al ritmo che è questo ritmo? Ecchissene.
"C'ho na certa", si dice a Roma quando si vuol dire che la propria età comincia a diventare di tutto rispetto. Proprio quest'età, che poi è la mia, credo che mi conceda un che di privilegio contemplativo.
Calma, Woyzeck, calma.

Comunque, dicevo. Io sono talmente pigro che per non costringermi a scrivere (costa fatica, ossissì, costa fatica), che faccio? Ma leggo, ovvio. Non beatamente disteso su quell'amaca perché non ho il giardino e perché al parco pubblico mi dicono che non si può. Ma via, sulla mia chester bordeaux che più inglese non si può, e che mia moglie mi ha regalato per i miei cinquant'anni, quelle lunghe ore con un libro in mano ci stanno proprio bene.

Poi, se un giorno ne avrò voglia, vi racconterò dell'artigiano che me l'ha fatta, la poltrona: che non pensassi nemmeno a chiedergli in quanto tempo l'avrebbe terminata, ché lui lavora quando gli viene l'ispirazione. Inglese sì, ma capace di dire pane al pane. E ditemi se le premesse non erano buone già in origine.

Dunque, pur di rinviare la scrittura (qualsiasi scrittura, di post su questo blog e del nuovo romanzo di cui, ogni tanto e timidamente, l'editore mi chiede novella) sono passato da questo scrittore a quell'altro. Da questo titolo a quell'altro.

Ditemi un po', per esempio: avete letto Paolo Rumiz? No perché, se ancora non lo avete fatto, vi intimo di correre in libreria e di prendere almeno...almeno...ma no, prendeteli tutti. E da dove cominciare? Via, un consiglio ve lo posso anche dare, che tra amici non bisogna fare complimenti. Tenete però presente che è un consiglio assolutamente di parte.

Ma voi lo sapete che La leggenda dei monti naviganti è assolutamente straordinario? Saranno le montagne, e forse soprattutto gli Appennini; sarà che qui e là spuntano personaggi incredibili; sarà che mi è rimasto nella testa e nel cuore il sentimento predominante dell'intero viaggio e dell'intero libro: chi vive in montagna è l'emblema nostro contemporaneo di una nuova Resistenza contro incuria, indifferenza, supponenza, ignoranza di chi è chiamato a governarci.

Ecco, questo è il sentimento che si è incuneato nell'animo mio che è montanaro. Capite allora come mai per me questo libro già alla prima lettura è diventato indimenticabile. E non vedo l'ora, dopo aver finito lo splendido Annibale. Un viaggio, di leggere almeno Morimondo, nelle cui pagine scorre il Po. E se c'è il Po, il mio pensiero vola subito a Torino. Ah, Torino! Ci sarà poi tempo - ci deve essere - per Trans Europa Express.

Ma com'è che mi è capitato di imbattermi in questi grandi libri di questo grande scrittore triestino?
Storia lunga. Armatevi di pazienza che ora ve la racconto.

Giorni sull'Appennino pistoiese. Si gira tra le "mie" montagne e siamo in gruppo. Amici, amori. A un certo punto qualcuno (non ricordo se Tullio o Eriberto) si rivolge a me nel bel mezzo di un discorso che io, perduto nei casi miei come sempre capita di perdermi quando sono sull'Appennino, facevo solo finta di seguire:

"Tu capisci, Attilio. Lo ha scritto Rumiz". 
"Ah, certo. E se l'ha scritto Rumiz...".

Ora io vi stimo troppo (non come la Pina del ragionier Ugo Fantozzi stima il suo consorte, sia chiaro) per fingere con voi una mia assoluta conoscenza di titoli vita e viaggi di Rumiz. E no, che non avevo letto nulla di questo straordinario scrittore.
Ma, giuro, durante quella passeggiata sono stato preso alla sprovvista. E in quel momento non ho avuto la necessaria lucidità per poter dire questo e quello.
Però nella mia testa s'era da subito messa a frullare, mutatis mutandis, la domanda che Manzoni adagia, sul principiare del capitolo ottavo dei Promessi sposi, tra le meningi dell'incerto don Abbondio. Così, tanto per complicargli di più la vita. Rumiz...chi era costui?

Sceso al piano, dunque, dovevo assolutamente rimediare. E l'esito è stato dirompente. Vorrei stare qui a parlarvi dello stile adamantino di Rumiz e della bellezza assoluta del suo La leggenda dei monti naviganti.
Ma no. Non ho voglia di rovinarvi neanche il piacere più sottile, la scoperta più inaspettata, i personaggi più incredibili e al tempo stesso più veri che vi capiterà di incontrare in questo viaggio.

Una cosa però posso dirvela. Se siete fortunati come me, questo sarà per voi un viaggio in cui non perderete neppure una particella della vostra anima. Ma è un viaggio grazie al quale ritroverete tanto di voi che credevate di non possedere più. E spero, da montanaro, che pure per voi faccia capolino quella voglia di resistere che anche oggi, forse soprattutto oggi, la montagna cerca di insegnarci.

Prosit.


P.S.: di Tiziano Terzani vi dirò in un post successivo. Quando? Ah, questa è una domanda indiscreta! 




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