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Collaboro dal 1993 con la rivista "Segnocinema". Amo l'appennino pistoiese, l'Aglianico del Vulture, i miei amici. Tengo per il Toro, e sono un lettore pressoché onnivoro. Ho scritto due romanzi, 'Ho una storia per te' e 'L'odore della polvere da sparo', entrambi pubblicati da Edizioni Spartaco.

sabato 16 gennaio 2010

rileggere Simenon

Georges Simenon. Foto dal web
Il piacere della rilettura è, molte volte, il necessario compendio alla passione della lettura.

L’occasione (una riflessione sulla necessità di una prosa letteraria asciutta ed essenziale) che mi ha spinto a rileggere Simenon, mi dà anche l’opportunità di girare intorno a uno scrittore che amo.

Lo faccio ripensando a uno dei suoi personaggi forse più accattivanti, Joris Terlink, il borgomastro di Furnes dell’omonimo romanzo e alla paziente, grande umanità di un padre che accudisce la figlia disperatamente e irrevocabilmente malata. Di un male che, poiché tocca le delicate e oscure regioni della mente, sembra ancora più devastante, irrecuperabile, incomprensibile.

L’apparentemente assurda indifferenza con cui Terlink sembra giocare – pro domo sua – con i sentimenti delle persone che lo circondano (riesce persino a trovare motivazioni incontrovertibili, sia dal punto di vista fisiologico che morale, per i suoi reiterati tradimenti alla moglie) lo rendono quasi un esempio di umanità traviata.

Ma Simenon, scrittore grafomane quant’altri mai, autore di circa quattrocento romanzi oltre che di un imprecisato numero di racconti articoli eccetera, ha rivelato molto di sé e della sua opera mettendosi a nudo in un altro libro; fluviale, interminabile quasi, scritto come pretesto per riallacciare i fili della propria esistenza di padre con Marie-Jo, la figlia morta suicida con un colpo di pistola nel maggio del 1978. Come pretesto di genitore affranto che però, già dalle prime pagine, divide equamente il suo spazio esistenziale con lo scrittore che redige una vera e propria tesi ermeneutica della propria opera.

«Quando risalgo indietro nel tempo e nei ricordi», scrive nelle sue Memorie intime, «trovo sempre una fame mai saziata di conoscere tutto di ciò che è vivo e di ciò che non lo è – ma non è forse vero che tutto è vivo, come sarei tentato di credere? Avrei voluto essere non solo quello che ero, così giovane e insignificante, ma tutti gli uomini, quelli della terra e quelli del mare, il fabbro, il giardiniere, il muratore, e quelli che stanno abbarbicati alla famosa scala sociale, dal piccolo principiante qual ero al mio marchese, su e giù fino alla prostituta dei quartieri a luci rosse (…) e al barbone che dorme sotto i ponti della Senna o negli angiporti.
Questo non ti ricorda qualcosa, figlia mia?
Significava imparare il mio mestiere…».

Innamorato fino allo spasimo della vita e dei suoi innumerevoli eccessi, Simenon ha voluto conoscerla fin dentro i suoi anfratti, percorrendone e raccontandone le infinite pieghe. Nell’abnorme, inesausta, imprescindibile pratica della scrittura Simenon ha raccontato come pochi altri – Balzac, Hugo, Dickens in altro modo – l’universo degli uomini e dei loro riposti segreti. Quelli che si celano nello spazio irraggiungibile dell’individualità più esasperata ed esasperante.

Uno scrittore grande, un grande scrittore del Novecento che tra le righe delle migliaia e migliaia di pagine scritte con l’inesausto fervore di un intossicato della vita e della scrittura (per rilassarsi scriveva un "Maigret", di tanto in tanto), ha tentato di comunicare il suo atto di fede di scrittore: «Capire e non giudicare». Una imprescindibile lezione per chi vive la vita, la guarda e la ritrae.
 
Legati dunque alla vita, i personaggi di Simenon (compreso Joris Terlinck, primo pretesto per queste righe) non possono far altro che mostrare di essere davvero noi e il nostro prossimo insieme. Alcuni tra i tanti, come noi stessi, protagonisti di quella umanità dolente che questo grande scrittore è riuscito a raccontare. Con semplicità, ma magistralmente.

3 commenti:

  1. Mi sto lentamente ricomprando tutti i Maigret anni '70 della Mondadori... uno spettacolo rileggerli...

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  2. "CAPIRE E NON GIUDICARE" E' UNA FRASE BELLISSIMA, CHE DOVREBBE ESSERE IMPIEGATA A SCUOLA IN UN'ORA DA RIPRISTINARE...SE NON LA VOGLIAMO PIU' CHIAMARE "EDUCAZIONE CIVICA" ALLORA CHIAMIAMOLA "EDUCAZIONE ALLA CIVILTA' E ALLE CIVILTA'" CON SOTTOTITOLO "CAPIRE E NON GIUDICARE"

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  3. Complimenti per il blog. Simenon è da sempre un pezzo importante della mia vita, da quando lo rubavo di nascosto a casa dei nonni per passare quei noiosi pisolini che loro facevano. Non ho una critica così precisa come la tua, ma lo amo molto.

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