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Collaboro dal 1993 con la rivista "Segnocinema". Amo l'appennino pistoiese, l'Aglianico del Vulture, i miei amici. Tengo per il Toro, e sono un lettore pressoché onnivoro. Ho scritto due romanzi, 'Ho una storia per te' e 'L'odore della polvere da sparo', entrambi pubblicati da Edizioni Spartaco.

giovedì 7 luglio 2011

"Placide cose de' miei novelli anni"

Omero
C'è questa immagine ricorrente, legata a un ricordo di tanti anni fa, che condiziona da qualche decennio le mie letture estive.
Sono gli ultimi giorni di scuola, dalla finestra della mia aula si vede la montagna a due passi e si indovina il fiume che scorre giù a valle dove pian piano comincia a sorgere quella che qualcuno, con enfasi un po' esagerata, ha già definito "la zona industriale". Doveva essere il giugno del 1969 o del 1970, di questo non sono molto sicuro. Era dunque l'anno della prima o della seconda media.

La voce suadente del professore leggeva alcuni versi carducciani. Sarà stata la luce di fuori, il cielo azzurro, il verde della montagna ma per me s'era creata una vera e propria atmosfera di sogno.

Dunque il poeta è alle prese con la lettura dell'Iliade, ma il gran caldo della giornata estiva lo vince e lui china il capo. Prima e immediata conseguenza di quel sonno invincibile, ci racconta, è che il cor gli fuggì sul Tirreno. In questo, per quanto perso anch'io a seguire con le orecchie la voce del simpatico professore e con gli occhi il bellissimo paesaggio che la piccola scuola di campagna mi offriva, non potevo seguirlo. Il Tirreno distava (e dista) più o meno centocinquanta chilometri da quella mia scuola e non era certo quello selvaggio della Maremma ma quello, più riservato, che lambisce la costa lucana. E poi, detto tra noi, in quel momento più del mare mi interessavano la montagna, la campagna, il fiume. Così epica e fantasia si mescolano e il Basento prende il posto dello Scamandro. Del resto l'infanzia è o non è l'età epica della vita?

Il Basento. Foto tratta da www.basilicatawiki.it

Sarà stato uno strano gioco sentimentale o una fascinazione a cui non ho saputo opporre alcuna resistenza, ma quel momento si è impresso dentro di me in maniera indelebile.

Gli anni poi passano, e da ragazzi si pensa a crescere, a esplorare, a inseguire cose belle, a farsi dare ogni tanto qualche sonoro ceffone dalla vita e a cercare il modo per difendersi da quei ceffoni. Si diventa grandi, insomma. Fino a quando, conclusa questa parabola ecco che, intorno ai trent'anni, comincia a capitarmi una cosa strana.

Eccola qua. Non passa estate che io non rilegga, per intero, l'Iliade e l'Odissea. All'inizio non ci facevo molto caso; ma dopo due o tre anni, dietro le sollecitazioni premurose di chi, cominciando a preoccuparsi forse di una mia incipiente labilità della memoria, mi chiedeva spiegazione di questa reiterazione stagionale, ho dovuto cercare e dare una risposta.

La prima risposta ha richiesto, come voi capite bene, un viaggio all'indietro. Non è stato difficile arrivare alla conclusione più logica. Leggo Omero d'estate perché mi riporta a quei versi di Carducci, a quelle epiche giornate delle mie estati, alla voce di quel professore (a cui devo, tra l'altro, la scoperta di Marcovaldo in terza media), al paesaggio e alle immagini che tutte queste cose insieme devono aver prodotto nella mia mente di ragazzino.

La seconda risposta ha richiesto, invece, una più profonda analisi di impianto ermeneutico (ma mi faccia il piacere!). E anche in questo caso sono arrivato a una conclusione che più logica non si può. Ora ve la dico. Ma vuoi vedere che la rilettura di un libro oltre a soddisfare il piacere del riconoscere ciò che è già noto (ehh, stiamo invecchiando ma in fondo in fondo abbiamo sempre bisogno di favole) ci aiuta ad alimentare una magnifica illusione? Quale? Ma quella di riuscire a bloccare il tempo e a riviverlo, che diamine. Come quando ci si permette il lusso di far tornare indietro i fotogrammi di un film.

Sarà questo il motivo che mi ha spinto, per undici o dodici anni, puntualmente a novembre, a rileggere Il nome della rosa? E già, "Era una bella mattina di fine novembre. Nella notte aveva nevicato un poco, ma il terreno era coperto di un velo fresco non più alto di tre dita". E sì, era il novembre del 1983, i contorcimenti della semiotica già mi procuravano qualche mal di pancia, forse c'era in giro una confusione, un'incertezza, un corto circuito della volontà. Non so. Ma avevo bisogno di una storia che mi tenesse inchiodato alla sedia. E che mi lasciasse immaginare un tempo, un luogo, avvenimenti lontani eppure in qualche modo già noti (sì, sì, ricordo, l'esame di storia medievale a suo tempo era andato benissimo). Colta quella sensazione, perché non riviverla?

Ah già, è vero. Seguendo le leggi, pur minime, della retorica, devo concludere e possibilmente chiarire il perché di questo post e la tesi che ho voluto fin qui portare avanti.

Ma se dico che invece di una tesi ho seguito solo un'immagine, un desiderio e un ricordo va bene lo stesso?

7 commenti:

  1. Ma non è che abbiamo avuto lo stesso professore alle medie. Il mio ci faceva sceneggiare l'Odissea ed eravamo tra gli olivi di un piccolo paese toscano di mezza collina. Oggi al posto degli olivi sono nate come funghi delle orrende palazzine cementizie, ma basta che ricominci a leggere e tutto scompare e ritrovo il paesaggio dei miei tredici anni. Potere della poesia o vecchiaia che avanza ?

    E' sempre un gran piacere leggerti. A presto (spero)

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  2. ma che fortuna avete avuto tu e grazia ad avere dei professori così illuminati! comunque credo che quello di rileggere ciclicamente i libri che abbiamo amato sia abbastanza comune; io ogni estate rileggo un romanzo di alexandre jardin intitolato fanfan: non è un capolavoro e di sicuro non è paragonabile all'odissea, ma ogni volta che lo rileggo torno indietro nel tempo ad un preciso istante della mia adolescenza, ed è fantastico!!! potere dei libri!

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  3. leggere i tuoi immancabilmente dolci ricordi mi ha fatto pensare alla mia rilettura ciclica di Natale in casa Cupiello fatta manco a dirlo durante le vacanze natalizie. Perchè solo così si riesce ad alimentare il vizio di tener vive atmosfere vissute e amate, che non possono e non devono essere cancellate.
    Buona lettura !

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  4. Mi è piaciuto molto questo post e la rievocazione di quelle lezioni alla fine della scuola. Io non ho avuto altrettanta fortuna e l'Iliade e l'Odissea le ho dovute studiare prima al liceo, poi all'università, non riuscendo ad amarle.
    Da qualche tempo, però, mi chiedo se non sia il caso di vincere certe resistenze dovute ai (brutti) ricordi scolastici. L'ho già fatto per I promessi sposi - e non me ne sono pentita.
    Grazie per la bella lettura!

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  5. @Grazia: tutte e due le cose, potere della poesia e età che avanze. Fascinose entrambe.

    @Hob03: non importa il libro. Credo che invece sia una cosa senza prezzo recuperare, grazie alla lettura, pensieri, immagini, sensazioni che ci hanno catturato.

    @Abate Faria: ehhh, amico mio, lo so quanto ami il grande Eduardo. E quanto hai ragione: mai cancellare le atmosfere vissute e amate.

    @Duck: Hai proprio ragione: bisogna vincere certe nocive resistenze di cui la scuola è colpevole assoluta. “I promessi sposi” è l’esempio classico della più noiosa e inutile lettura scolastica che diventa, una volta allontanatisi da quell’obbligo che è quasi una tortura, lettura molto piacevole (anche se io, forse, preferisco “Le confessioni d’un italiano” di Ippolito Nievo).

    Grazie a voi tutti. Un abbraccio a tutti e a ognuno.

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  6. Non solo va bene lo stesso; è una splendida considerazione (se la si sa cogliere).
    Emmevù (che non riesce mai a entrare col suo account google)

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  7. io ho letto spesso Cent'anni di solitudine. E ogni volta riesco a rivivere l'esatta fascinazione provata la prima volta, quando avevo 12 anni e non ruscivo ad afferrare proprio tutte le parole che i miei occhi leggevano con ingordigia. L'unica cosa che è cambiata negli ultimi 20 anni è che leggo con maggiore calma, senza fretta.

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